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Dottrina politica In
generale, il termine dottrina esprime (in conformità con il suo etimo dal
latino docere) l'idea che ci sia qualcosa - essenzialmente un apparato
teorico coerente e sistematico, un "dogma" - da insegnare da parte di un
"docente" a un "destinatario", e che tale insegnamento dia forma e
significato alla prassi, all'attività politica e sociale, legittimando il
comando di chi insegna e disciplinando, o orientando, i destinatari
dell'insegnamento. Anche se nell'uso comune è quasi sinonimo di
"ideologia". (tranne che in casi specifici, consacrati dalla tradizione o
da un preciso riferimento disciplinare: per esempio, dottrina della
Chiesa, dottrina di Monroe, dottrina dello Stato), la dottrina se ne
differenzia sia perché di quella non presenta la connotazione di valore
spesso negativo, sia perché implica prima di tutto lo sforzo di elaborare
teoricamente l'oggetto dell'insegnamento in modo compiuto e sistematico,
non solo schematico e propagandistico come sovente avviene nell'ideologia
(che tuttavia può derivare da una dottrina). In quanto consapevole
proiezione pratica di una teoria, la nozione di dottrina è estranea al
periodo aureo della civiltà classica che certo conobbe e praticò dottrina
nel senso esoterico e misterico del termine (le dottrine orfiche,
dionisiache, ecc., erano insegnamenti riservati a pochi iniziati,
impegnati in uno sforzo di salvezza personale col recuperare la scintilla
di una divinità perduta e tuttavia nascostamente presente in ciascuno), ma
che elabora vere e proprie dottrine, nel significato sopra ricordato,
soltanto dopo che si è spezzata l' immediatezza organica del vivere
politico - prima coi sofisti, poi con le grandi sistematizzazioni di
Platone, di Aristotele e delle filosofie ellenistiche.
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Caratteristiche
strutturali È col cristianesimo che dottrina assume il
significato di insegnamento di una verità decisiva al fine di dare senso a
una realtà problematica: oltre che per amministrare i sacramenti, la
Chiesa è infatti esplicitamente istituita da Cristo per insegnarne la
dottrina (euntes docete, Mt. 28, 19); tale significato, in un contesto
secolarizzato, permane anche nell'uso moderno. Ma per comprendere ciò che
è implicito nel concetto di dottrina, lo si deve scomporre in quelle che,
intrinsecamente collegate l'una all'altra, sono le sue "unità minime
funzionali": la nozione di "insegnare", il "destinatario"
dell'insegnamento e infine l'individuazione di "chi insegna", e di "che
cosa e a quale scopo è insegnato". Nel corso di tale scomposizione sarà
possibile identificare le "caratteristiche strutturali" della dottrina, e
di conseguenza il suo "ruolo" tanto politico quanto epistemologico
(nell'ambito delle discipline che studiano i fenomeni politici). Al di là
dei casi già accennati di dottrine misteriche, iniziatiche e salvifiche
(nelle quali, anche se connotate, come per esempio la gnosi, da un alto
tasso di intellettualismo, prevale l'elemento dell' illuminazione e
dell'esperienza personale del sacro), la nozione di "insegnare" rinvia sia
alla fiducia in una qualche forma di razionalità, o quanto meno nella
trasmissibilità dei contenuti dottrinali, sia ad una dimensione pubblica,
oppure comunitaria, nella quale da dottrina (che tende a proporsi con
"ufficiale") possa essere dichiarata e illustrata ai destinatari, reputati
capaci di essere convinti dalla sua forza argomentativa.
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Difendere e
organizzare Anzi, la sistemazione di una coerente dottrina di
un nucleo originario di verità (rivelata o scientifica), ma anche di
un'intuizione politica, di un interesse da valorizzare, nasce spesso
dall'intento di difendere tale nucleo con argomentazioni razionali e
convincenti (la dottrina cristiana, per esempio, è l'elaborazione,
inizialmente apologetica, del messaggio di Cristo, a opera principalmente
di san Paolo e dei Padri della Chiesa, poi fatta propria dai Concili e
dalla Cattedra di Pietro nella sua funzione magisteriale; ma si ricordino
anche la fissazione della dottrina maomettana - pur in forme meno cogenti
- ad opera di al Ghazali, e le successive scuole giuridiche islamiche)
.Alla funzione dell'insegnamento pertiene inoltre la necessità di
organizzare istituzioni preposte alla trasmissione del corpo dottrinale:
abbazie, seminari, università, scuole di partito sono, nel tempo, le
principali strutture attraverso le quali in Occidente sono state
ufficialmente trasmesse le diverse dottrine . I "destinatari"
dell'insegnamento possono essere i pochi eletti, nel caso di dottrine
segrete, ma, nell'ambito qui considerato, è tipico della dottrina
pretendere di esporre verità, di fede o di ragione, tendenzialmente
rivolte a tutti, o ad aliquote significative della società (per esempio il
marxismo, in quanto dottrina, si rivolge in primis al proletariato come
classe universale, ma in linea di principio è logicamente comprensibile a
ogni classe sociale). La concorrenza fra dottrine (la loro dialettica)
nasce proprio dal fatto che, in età moderna, si propongono tutte come
dotate di valenza e di evidenza generalizzabili. È decisivo determinare
"chi" ha la facoltà di produrre, interpretare e insegnare una dottrina, di
essere "dottore", di esercitare il magistero (al quale pertiene una
superiorità, evidente da suo etimo, magis) è, questo, un "privilegio
ermeneutico" tipico originariamente del potere sacerdotale, in primo luogo
del sacerdote primitivo o orientale, portatore di un sapere specifico, ma
non necessariamente formalizzato e sistematizzato (Weber, Economia e
società).
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Islam Diversamente vanno
le cose nell'Islam (che non ha sacerdoti) e nel caso
occidentale/cristiano, nel quale il sacerdote, pur qualitativamente
distinto dalla massa dei semplici fedeli per quanto detiene la capacità di
impartire alcuni sacramenti, non possiede alcun sapere esoterico,
limitandosi a interpretare e a trasmettere, in armonia con l'autorità
ecclesiastica, il magistero divino di Cristo, primo Dottore della Chiesa -
nei livelli "popolari" del Vangelo e in quelli "alti" della teologia - in
questa sua veste, il sacerdote cristiano è "chierico". L'attività
pastorale con cui la gerarchia della Chiesa insegna la propria dottrina è
stata di importanza decisiva per la formazione della civiltà occidentale;
spesso, grazie alla sua azione missionaria (euntes) e magisteriale
(docete), intere regioni d'Europa conobbero contemporaneamente, data la
comune forma razionale, la D. cristiana e la cultura classica (si pensi,
ad esempio nel caso tedesco, a Rabano Mauro, fondatore della Scuola di
Fulda e praeceptor Germaniae). Che nella dottrina sia implicita
un'efficacia disciplinante e formativa risulta poi evidente anche
nell'elaborazione su scala europea, dal secolo XI in poi dell'imponente
corpo dottrinale del diritto romano, che, insegnato, commentato e
trasmesso dai dottori (prima chierici, in seguito anche laici) nelle
scuole e nelle università, si estese e si adattò a diverse situazioni
politiche e sociali. La coerenza e il prestigio della dottrina giuridica
le conferirono un rilievo teorico e pratico quasi pari a quello della
dottrina religiosa, e fecero delle facoltà di diritto le concorrenti delle
Facoltà teologiche.Oltre alla caratteristica dell'"operatività", della
capacità formativa, ne è già evidente, in questo livello dell'analisi,
un'altra, cioè che la dottrina è potenzialmente "conflittuale": la lotta
per conseguire l'autorità ermeneutica e magisteriale (come anche quella
per apportare eventuali variazioni nel corpo dottrinale, cioè la
dialettica fra dottrina istituzionalizzata e dottrina "eretica" o critica,
di cui al punto seguente) mira a produrre modificazioni nel concreto
assetto potestativo sempre collegato alle funzioni di custodire e
trasmettere la dottrina stessa.
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La secolarizzazione moderna
Un esempio di tale caratteristica è la secolarizzazione
moderna che modifica radicalmente, tra l'altro, lo status del "dottore":
al docente universitario di teologia e di diritto subentra il filosofo
razionalista, lo scienziato innovativo e non accademico (Cartesio, Hobbes,
Locke, Spinoza, Leibniz, Rousseau, solo per fare alcuni esempi, non erano
inseriti in università), il cui insegnamento avviene attraverso la
pubblica diffusione a stampa di dottrine non tradizionali. L'autorità
della funzione magisteriale non appartiene più, quindi, alle istituzioni
consolidate e alla figura del chierico; solo con Napoleone in Francia e
con Humboldt in Germania l'università tornerà a ricoprire il ruolo di
principale strumento per elaborare e trasmettere nuove dottrine: ma ora
queste non sono altro che i complessi sistematici delle discipline
scientifiche accademicamente accreditate (dalla filologia - solo per fare
alcuni esempi - alla giurisprudenza, dalla filosofia alle scienze sociali,
ma non è da trascurare neppure l'efficacia dottrinale delle scienze
naturali), che dal venire pubblicamente praticate e insegnate in
un'istituzione dello Stato - del quale formano il ceto dirigente -
traggono il rango e il prestigio di vere e proprie "coautrici" della
razionalizzazione della forma politica uscita vittoriosa dall'epoca delle
rivoluzioni. La dialettica fra dottrina istituzionalizzata e dottrina
critica, che alla prima si oppone per poi assestarsi anch'essa in un
corpus ufficiale, non governa solo il passaggio dalla figura del sacerdote
a quella del chierico, da questa al filosofo moderno e poi al professore
universitario del secolo XIX, ma è nuovamente all'opera quando, dopo la
metà del secolo scorso, nascono dottrine rivoluzionarie che, antagoniste
verso la scienza "borghese", vengono elaborate dall'ultima incoronazione
del "dottore", cioè dall'intellettuale, organico non più allo Stato, ma in
misura diversa secondo i casi, a un partito che a sua volta si propone
come intellettuale collettivo, ultimo detentore del privilegio
ermeneutico.
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L'intellettuale militante
Quest'ultima figura "docente" - tipicamente marxista, ma
presente in molti partiti "rivoluzionari" del nostro secolo, anche di
quello fascista - esercita la propria autorità magisteriale traendola,
insieme agli stessi contenuti della dottrina, non più o non solo da un
sapere specialistico e fortemente formalizzato (ormai bollato come
sterilmente "dottrinario", secondo l'uso generico di questo termine,
mentre in senso specialistico così si designa il gruppo politico borghese
di Guizot e di Royer Collard, che dopo il 1830 ebbe grande influenza
politica in Francia), ma dal partecipare concretamente a quei medesimi
movimenti e rivolgimenti politici a vantaggio dei quali elabora la D. (che
qui è assai prossima all'ideologia). Naturalmente, anche in questi casi si
assiste, in una fase successiva, allo stabilizzarsi delle dottrine
rivoluzionarie in apparati rigidi e istituzionalizzati, burocraticamente
gestiti (le dottrine ufficiali dei regimi totalitari). Quando si analizza
"che cosa e a quale scopo" viene insegnato, ci si imbatte nella terza
caratteristica strutturale della D., dopo la sua operatività e la sua
polemicità, cioè nel suo essere "mediazione": il nucleo dogmatico o
scientifico di verità, infatti, non può sussistere, come "contenuto",
nella sua forma pura e immediata, ma deve necessariamente essere filtrato
attraverso interpretazioni e razionalizzazioni che gli danno "forma", che
ne fanno un "complesso di senso" tanto operativo quanto polemico.
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La giusta interpretazione
Certo, a livello dei contenuti è chiarissima anche la già
evidenziata caratteristica dialettica della dottrina: tanto ai loro inizi
quanto nel corso della loro esistenza, intorno alle dottrine si genera una
lotta per definire il "canone del libro" (nel quale è racchiusa la
dottrina): si pensi al conflitto, interno all'Islam, fra sunniti e sciitì,
agli sforzi del cristianesimo sia per stabilire il canone dei Libri Sacri
sia (a partire da san Paolo, che in più lettere lancia l'anatema contro
chiunque, fosse anche un angelo, insegni una dottrina differente da quella
di Cristo, trasmessa dagli apostoli) per salvaguardare la purezza della
fede da tutte le opinioni eterodosse - eresie cristologiche, trinitarie,
pauperistiche, evangelistiche, ecc. - ed infine alla lunga contesa
sull'interpretazione del marxismo fra ortodossi e revisionisti.
L'attenzione alla fissazione ufficiale del contenuto dottrinale (dogmatico
o scientifico che questo sia) si spiega con il grande plusvalore politico
ed epistemologico che gli è implicito: anche quando non è un'eresia
religiosa ma solo la reinterpretazione di un ambito disciplinare specifico
- per esempio, la dottrina del "diritto libero" - la nuova dottrina è
sempre una teoria che si presenta con vigorose pretese di essere un nuovo
canone generale.
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Dottrine per l'azione È
infine possibile classificare le dottrine a partire dal loro contenuto
solo se al contempo si ha riguardo agli scopi che esse si prefiggono:
proprio il fatto che il variare di quello è in strettissima
interdipendenza col variare di questi dimostra, anche a questo livello,
che la dottrina è uno strumento per l'azione, la sua caratteristica di
operatività. Così, la dottrina cristiana trasmessa dalla Chiesa insegna,
sotto il profilo teologico e religioso, l'incarnazione, la passione, la
morte e la resurrezione di Cristo, unigenito Figlio di Dio e seconda
persona della Trinità, ma ci sono anche una dottrina
giuridico-istituzionale della Chiesa, una sua dottrina morale, ed una
sociale; lo scopo di tali dottrine è di guidare l'umanità verso una
salvezza il cui annuncio, la cui organizzazione e la cui sistematica
applicazione pratica sono appunto il nucleo di queste dottrine. La moderna
secolarizzazione modifica il contenuto delle tradizionali dottrine
teologiche e giuridiche perché ne modifica gli scopi. Le dottrine
canoniche vennero criticate e rifiutate in nome della libertà di pensiero
(sono centrali i due momenti, peraltro collegati, della Riforma e della
nascita della politica come ambito autonomi dal diritto: Bodin, Alberico
Gentili, Hobbes:); e proprio per questa situazione di crisi, per questo
privilegiare la critica sul canone, I'età moderna è, per eccellenza, I'età
delle dottrine. Ma la modernità è il momento alto delle dottrine non certo
per la loro stabilità né per la superiorità dei loro contenuti, che anzi
cambiano, si trasformano, si moltiplicano conflittualmente (di quello che
tutte le unifica, cioè la ragione, contrapposta alla Rivelazione, le
dottrine moderne conoscono varie declinazioni dottrinali, ciascuna delle
quali - assolutismo, liberalismo, illuminismo, socialismo - pretende
polemicamente per sé una maggiore evidenza razionale) quanto perché la
modernità è l'epoca in cui più che in ogni altra si pensa che l'attività
pratica dipenda necessariamente da una teoria scientifica che consente di
dedurre dalla ragione una nuova forma di stabile ordine politico, I'epoca
in cui è generalmente presupposto come necessario un nesso cogente -
produttivo di ordine politico - fra teoria e prassi.
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Sapere e potere Al di là
dei diversi contenuti dottrinali, i vari "-ismi" moderni, anche quelli che
non sono stati esplicitamente fissati in un canone (per esempio il
costituzionalismo), sono così dottrine che non hanno più lo scopo
tradizionale di trasmettere un messaggio rivelato di salvezza, ma che
invece si presentano come "tecniche" efficaci, orientate allo scopo della
modificazione ordinativa del mondo, attraverso la scoperta e il controllo
di leggi - antropologiche, economiche, storiche - che gli sono immanenti.
L'attuale crisi delle dottrine - viste spesso come strumenti troppo rigidi
e ormai obsoleti di controllo sociale e politico - è da inserirsi nella
crisi della ragione, degli intellettuali, delle ideologie, cioè in
generale dello sforzo moderno di mettere in forma l'esperienza a partire
da un insegnamento razionale. Dalle caratteristiche strutturali
(dialettica, operatività, mediazione) che si sono viste inerire, in vario
modo, alle unità minime funzionali nelle quali è stata scomposta la
nozione di dottrina, si può evincere anche il "ruolo" che questa riveste
nell'ambito dell'agire e del pensiero politico. In quanto realizzano un
intreccio efficace fra sapere e potere, le dottrine sono strumenti
operativi che definiscono i principi fondamentali, la forma e gli scopi
dell'agire: sono infatti veicolo essenziale di disciplinamento , ed
espletano una rilevante funzione sociale e politica, rafforzando (o
criticando) le ragioni del comando e quelle dell'obbedienza; in esse,
inoltre, non si manifesta solo il lato formativo/organizzato della
politica, ma anche quello polemico (evidente nel ruolo difensivo e
offensivo delle dottrine): le dottrine sono terreno di conflitto,
occasioni e strumenti di lotta politica. Infine, la caratteristica della
mediazione, che loro pertiene, fa delle dottrine e del loro studio uno
snodo decisivo delle discipline che si occupano di politica. ali ambiti
specialistici che le riguardano, infatti (storia delle dottrine
giuridiche, politiche, teologiche, economiche), si collocano in una
cruciale fascia intermedia fra la puntuale ricostruzione di una figura e
di un momento storico determinato, da una parte, e l'individuazione delle
logiche politiche più profonde e "regolari" (almeno all'interno di
contesti epocali), dall'altra, cioè fra storiografia e filosofia (o
scienza) della politica. E se è vero che solo la scienza e la filosofia
politica valgono a ricondurre la varietà delle dottrine alle poche logiche
politiche che vigono in un'epoca (per esempio, assolutismo, liberalismo e
socialismo sono dottrine differenti quanto a contenuti, ma il loro
argomentare è formalmente interpretabile a partire dalla moderna
dialettica fra identificazione nell'ordine e individuazione nei soggetti
liberti e uguali), è però anche vero che le logiche elementari della
politica non si presentano "pure", ma sempre mediate dal pensiero e quindi
organizzate in dottrine (così che soltanto attraverso l'analisi di queste
si può risalire ai livelli politici più radicali). Tanto dal punto di
vista pratico quanto da quello epistemologico le dottrine rivestono quindi
il ruolo di macro-unità operative, di "complessi di senso" che fungono da
indispensabili strumenti per l'azione e per la scienza politica.
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